L’invisibile che riesco a vedere

Se io guardo non è che vedo.

mattia

al lago durante la quarantena – aprile 2020 – foto di P. Ferrari

Anche il dizionario Treccani online lo dice: infatti ‘guardare’ è “Dirigere gli occhi, fissare lo sguardo su qualche oggetto ( non include necessariamente l’idea del vedere)” mentre ‘vedere’ è “Percepire stimoli esterni per mezzo della funzione visiva”.

Mai come ora la vista ci sta aiutando a sopportare il confinamento in cui ci ha costretti la pandemia.

Lo fa aiutandoci a “scappare” – anche se solo con la fantasia – dalle quattro mura in cui siamo castigati. Lo fa anche impedendoci di vedere cosa succede alle tante persone colpite dal virus e a quelle coinvolte con loro (parenti, medici, infermieri).

Ma da sola la vista non basta.

prato in fiore

prati fioriti senza anima viva – marzo 2020 – foto P.Ferrari

“Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. ” L’essenziale è invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo” (Da Il Piccolo Principe di A. de S. Exupery)

Se non facessimo ricorso al ricordo degli altri sensi – come il tatto, che ci riporta al calore degli abbracci e del sole, o l’udito, col chiasso della compagnia delle persone nei bar all’aperto – se cioè non trasformassimo lo sguardo in uno zoom sensitivo-temporale che scorre tra passato e presente, tra il prima e l’ora, forse la vista sarebbe solo un senso vuoto.

Lo stesso vuoto in cui capita di sentirsi adesso, in questo periodo.

Fotografare in giro (si fa per dire) riesce però a restituirci dei pezzettini che compongono il nostro modo di vivere ora, e ce li mostra mentre li rimettiamo in ordine.

“In fondo, in ogni visitazione dei luoghi, portiamo con noi questo carico di già vissuto e già visto, ma lo sforzo che quotidianamente siamo portati a compiere, è quello di ritrovare uno sguardo che cancella e dimentica l’abitudine; non tanto per rivedere con occhi diversi, quanto per la necessità di orientarsi di nuovo nello spazio e nel tempo”  (L. Ghirri, Paesaggio Italiano, Milano 1989, p. 14).

Adesso si può fotografare l’invisibile.

Ritagliandoci quella piccola fetta di mondo che fa parte della nostra quotidianità, possiamo vedere quello che di solito fatichiamo a notare o perché manca il tempo – sempre di corsa – o perchè chissene frega di stare a guardare quello che si vede tutti i santi giorni.

Ma cos’è invisibile?

E’ vedere la faccia sperduta di chi non ce la fa più e ora si chiede come mai sia ancora costretto a starsene a casa come un carcerato. E’ cogliere l’espressione di chi porta a passeggio il cane e sembra fare il vigile urbano a cui tutti i passanti sembrano colpevoli rei confessi. E’ sentire il senso di smarrimento delle persone che non riescono più a ritrovare la vita di prima.

E’ uno sguardo tra le sbarre per cogliere quello che oggi ci rimane.

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bambine al balcone durante la quarantena – aprile 2020 -foto di M. Rusconi

In questo vuoto fisico degli spazi che abbiamo sempre riempito, c’è anche il vuoto acustico delle strade e degli ambienti che ricordiamo quando ci hanno accolto tutti insieme, a socializzare.

Non ci sono nemmeno i bambini nei parchi giochi e i parchi veri invece sono chiusi.

Stiamo pur guardando da dietro le “sbarre” di casa nostra, ma, per fortuna ne abbiamo anche una di case (chi ce l’ha), e la salute ancora ci accompagna.

Abbiamo ritrovato un silenzio intorno che non avevamo mai sentito.

Niente inquinamento acustico, più spazio alla natura che si sta riappropriando dei vuoti fuori (è facile vedere caprioli per strada o pappagallini a Milano sulle piante dei quartieri).

Aldo dalla finestra

vacanze forzate in pandemia – foto P. Ferrari

Per non dire di altri modi che ci siamo inventati per mantenere uno stile di vita il meno diverso possibile da prima, come per esempio fare il pane o la pizza in casa (il lievito è introvabile nei supermercati), inventarci parrucchieri o estetiste per farci belle.

E per ritrovare la socialità perduta, dai terrazzi delle abitazioni si consumano aperitivi che si allungano tra i convitati con bastoni da selfie, e si provano performance musicali che variano tra il canto e l’esecuzione strumentale.

terrazzi a Milano II CRI

pranzo sul terrazzo a Milano – foto C. Sanvito

Così a Milano si cena sul terrazzino di un palazzo di quartiere anche se il panorama sono gli altri edifici di fronte.

Capita anche che le vie solitamente attraversate dalle auto siano ora zona franca dove possono scorazzare indisturbati animali selvatici mai incontrati prima (daini o caprioli, scoiattoli o lepri).

Insomma, assieme agli autisti che guidano il bus praticamente vuoto fino a destinazione, insieme ai volontari che sono in giro a portare la spesa agli anziani rimasti soli, insieme ai prof che si spendono per mantenere un livello di lezioni adeguato per i loro allievi anche se online, beh in mezzo a tutto questo invisibile che cerca di conservare una parvenza di normalità quando nulla è più come prima, sorge spontaneo solo un grazie.

Perché?

Perché anche nel nero che stiamo attraversando, si riescono a vedere cose molto positive.

paesaggio

un sentiero durante la pandemia – aprile 2020 – foto P. Ferrari

Impaginare il futuro

Avete in mente quando si sbircia da lontano, dietro a un mobile o a un angolo di strada, un bambino, mentre ne combina una delle sue? O quando si capita per caso vicini ad una scena curiosa? In quel momento funzionano le coincidenze, ma ancora di più la voglia di mettersi alla ricerca, per capire.

Mi è successo così: dal titolo assegnato all’edizione 2019 di Fotografia Europea – “Legami – l’idea di poter lavorare ad un progetto che sviluppasse quel tema mi ha spinto a ricollegare insieme tutte le sbirciatine lanciate sul mondo intorno e che, rimaste lì a depositarsi nel cervello, avevano ormai raggiunto l’urgenza di farsi strada fuori dalla mia testa.

Grazie al circolo fotografico Contrasto Lab, pieno di quell’ energia – anche un po’ inconsapevole, tipo mina che ti esplode sotto i piedi – ho scritto la mia idea di “legami”, cominciando a mettere insieme diversi sguardi sul più importante di tutti: la famiglia.

Sbirciando dentro al lavoro di progettazione.
Futuri Passati: il contenuto del progetto

Sketch book

appunti e ritagli durante la progettazione

E rovistando dentro al tema “famiglia” la prima evidenza emersa è che siamo tutti figli del nostro passato, così come siamo tutti figli dei nostri genitori. Il passato ci coccola e ci rassicura di fronte al futuro che non conosciamo ancora. Possiamo amarlo – così come amiamo i nostri genitori – ma talvolta dobbiamo anche odiarlo, perché ci lega e ci limita nell’accogliere in piena libertà un futuro nuovo. Ugualmente ci limitano i nostri affetti.

Sono questi i legami che, seppur cari, condizionano il nostro cammino, e ci impediscono un futuro nuovo e inedito, anche se da essi trae  la sua linfa vitale. E’ il passato in definitiva che ci consente il benessere del presente.

Questi sono gli argomenti che abbiamo affrontato nel gruppo di lavoro dedicato al progetto “Futuri Passati” (qui potrete leggerli tutti, anche quelli degli altri gruppi).

Discuterne insieme ci ha fatto scambiare punti di vista, mettere in circolo tra noi  le idee e moltiplicarle. Quando alla fine – dopo un primo rodaggio – lo scambio ha cominciato a funzionare, allora abbiamo trovato quelle soluzioni che da soli avremmo faticato a scovare. E alla fine qualcosa è nato. 

Sbirciamo insieme dentro al progetto Futuri Passati.

Il lavoro di sintesi fotografica.

La parte più impegnativa della progettazione è stata quella di riuscire a raccontare oggi – attraverso immagini fotografiche – tutto quello che il passato ha rappresentato individualmente, ma anche tutto quello che la storia rappresenta per ognuno di noi, senza rendere questa indagine troppo personale, bensì facendone un racconto di tutti.

Il linguaggio fotografico è quello che meglio si è prestato all’ osservazione del proprio passato: chi non ha nel proprio album fotografico (nei file o nelle cartelle virtuali) pezzi di vita realmente vissuta?

Ma come riuscire a far entrare qualcun altro dentro i percorsi di senso e di narrazione che avevo in mente con quelle foto? Come può uno spettatore – ignaro dei  vissuti e dei  rimandi che sono dentro ad ogni immagine – riuscire a condividere con l’autore tutto quello che vorrebbe dire? Come può viceversa l’autore far sentire la sua autenticità in un sistema di comunicazione dove le fotografie sono consumate come se fossero un caffè bevuto in fretta, in piedi al bar, una dietro all’altra? 

La soluzione l’abbiamo trovata provando a tirar fuori dalla nostra memoria alcune delle immagini più nitide e facendole diventare delle icone.

In cinque storie, rappresentate ognuna attraverso tre oggetti diversi, per cinque diverse fasi della vita e stati emotivi ho sviluppato il mio progetto.

Partendo da bozzetti di lavoro, schizzi e ritagli le idee hanno cominciato a diventare prima cartelloni, poi abbozzi di foto, e infine foto vere e proprie.

 Le scelte tecniche e di stile.

La scelta tecnica del collage fotografico su basi colorate è stata una scelta concettuale.

Per guidare le emozioni che una foto fa sentire, anziché  ritoccarle con Photoshop o realizzarle attraverso ambientazioni scenografiche in studio, ho fatto un’operazione di costruzione manuale dell’immagine – una sorta di “artigianato” povero – in modo da poter restituire una mia visione del concetto di tempo.

Ogni foto è stata scattata personalmente e poi ritagliata e incollata, ottenendo anche un effetto più materico della semplice carta fotografica stampata .

Non è la foto in sé ad essere il centro della visione, ma è l’idea che la composizione di foto e di colori riesce a trasmettere. I cromatismi infatti sono stati pensati sia con una funzione semantica, cioè come catalizzatori della visione, catturata e reindirizzata su sensazioni precise (es.: azzurro=dolcezza, verde=energia, rosso/fuxia=attrito, marrone=sicurezza), sia con una funzione estetica, cioè come sfondo e cornice dell’immagine.

Futuri passati in cinque temi.

Siamo fatti di pezzettini – tanti – tutti completamente fusi nelle nostre vite. Sono pezzi che hanno a che fare o con oggetti che hanno popolato le nostre vite (e ancora le popolano), o anche solo con gesti che sono rimasti impressi nella nostra memoria e nella nostra storia. Alcuni sono più ingombranti di altri, ma tutti insieme compongono – come atomi elementari – spirito e corpo di ognuno di noi. Sono la materia prima del nostro ‘passato’ e sostanziano quello che sarà il nostro futuro.

 

Io sono ancora sogno
sono ancora sogno: l’attesa, le speranze, il sogno di ciò che si deve ancora realizzare

Se ripenso ai momenti in cui ero “in attesa” di mio figlio, mi sembra di poter rivivere quell’atmosfera piena di aspettative e di speranza che rende tutto intorno come ovattato. Quel momento ha coinciso – e coincide per chi sta vivendo nell’aspettativa – con la magia di chi sta sognando e desiderando. E’ il momento in cui chi ti ha concepito come essere, si è  proiettato con te nel migliore dei futuri immaginabili.  La foto “ sono ancora sogno”,  è il passato prima del presente, il momento del ricordo di quello che era, l’ armonia totale.

Ti hanno desiderato pensato e immaginato; ti hanno regalato oggetti (peluche e pupazzi) e fatto a mano cose (scarpine a maglia), apposta per te, quando nemmeno avevi ancora i piedi per camminare. Da lì qualcuno ha cominciato a intrecciare i legami della tua vita.

 

Io cresco
cresco: la vita esplode, comincia il cammino

Poi sei cresciuto (foto “ cresco”): le gambe e i piedi li avevi già abbastanza grandi per muoverti da solo (con scarpe e calze su misura) e per camminare a raccogliere dal mondo tutto quello che ti offriva (la scuola, le prime esplorazioni), sia in quanto c’era di bello (le cure e le attenzioni dei tuoi cari ) che di brutto (delusioni, cattiverie, male).

 

io sono strappi
sono strappi: bisogna strappare i legami e i vincoli

Ma poi un giorno ti sei accorto che non potevi più solo riempirti di tutto quello che ti veniva dato (foto: “sono strappi”), che non ci stavi più ad essere sempre riconoscente per quello che avevi ricevuto. E allora si è rotto qualcosa. Hai preso su le tue scarpe, qualche oggetto che ti faceva sentire più forte (sigaretta e rossetto), e sei scappato, strappando via tutti quei lacci (una matassa diventata di filo rosso) che ti impigliavano dentro un futuro già preconfezionato.

 

4 legami
sono legami: gli amori, le relazioni, le consapevolezze

Il cammino però tocca mete conosciute e si ferma proprio là dove sono i legami già vissuti: legami di persone, di affetti, di impegni (foto: “sono legami”).  Quelle mete stavano già scritte nel tuo passato e se anche hai cercato di evitarle, alla fine ritornano. Solo che adesso bisogna fermarsi e rileggere tutto quello che è già stato scritto nella tua storia (fogli di giornale sparsi) e diventarne consapevole. La tua vita, le tue esperienze passate che stanno lì, devono essere riguardate per affrontare il legame più forte che ora ti stringe: il cammino che resta ancora da fare.

Sarai capace di trovare il tuo futuro? Quale potrà essere? Saranno state troppo resistenti le corde che ti hanno legato al lavoro, agli affetti, alle responsabilità, tanto da impedirti di trovare il tuo miglior domani? Ma quale sarà (o quale sarebbe stato) il tuo miglior futuro?

Alla fine non rimarranno altro che tutti i legami passati con cui ha intessuto il tuo presente: legami d’amore, di fede, di passioni, di esperienze. Legami con la terra, la natura, la  vita.

Tanti legami, di cui molti dispersi nella memoria.

5 libero
sono libero: di raccontare, di slegarmi e di correre

Il vero approdo starà dove finalmente potrai sentirti libero (foto: “sono libero”), là dove se anche tutti i legami del mondo provassero a blandirti tu riusciresti comunque ad essere leggero, senza corde. Senza più alcun bisogno di cercare chi sei (a piedi nudi, senza scarpe) perché tu sei tutti i pezzi del tuo passato, rimessi insieme. Ora il tuo futuro puoi anche regalarlo agli altri (raccontando e scrivendo le esperienze e le consapevolezze acquisite) come un dono di generosità.

Così è nato il progetto Futuri Passati, un lavoro realizzato a quattro mani a partire dal concept 2019 di Fotografia Europea. Abbiamo iniziato da poche e non semplici domande, e quello che abbiamo realizzato ci ha soddisfatto ma solo in parte perchè le domande non finiscono mai di interrogarci.

E noi di cercare.

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Grazie:

un grazie grandissimo al generoso, disponibile, competente e assetato di risposte Alessandro Russo, architetto e fotografo con la passione della profondità delle cose, e compagno insostituibile in questa importantissima esperienza progettuale.

Grazie al direttivo di Contrasto Lab che, oltre ad avermi consentito questa pubblicazione ha permesso al progetto di nascere e svilupparsi.

Grazie a tutti i soci di Contrasto Lab che con i loro suggerimenti, espliciti o rimasti dentro alle espressioni delle loro facce, mi hanno permesso un confronto per capire dove stavo andando. Qui inoltre trovate tutti i progetti  del collettivo che hanno partecipato a Fotografia Europea 2019.

A tutti auguro di trovare sempre compagni di viaggio con cui cercare insieme – con i linguaggi preferiti – i modi per raccontarsi, riuscendo anche alla fine a divertirsi, dopo tanta fatica.

PS: vi aspettiamo al Inaugurazione Mostra Fotografia Europea 2019 con la nostra esposizione dal 12 aprile al 9 giugno 2019!

 

 

 

Che arte il profumo!

Tra tutte le cose che oggi condividiamo e che sono condivisibili, ce ne sono alcune – come il tatto e l’olfatto – che i social non sono ancora riusciti a riprodurre pubblicamente, togliendocele dal nostro intimo più privato. I profumi e gli odori sono  per esempio un affare assolutamente personale ed una materia che manca di un linguaggio uguale per tutti.

Materie prime per profumazioni esposte a Palazzo Mocenigo – foto di Palazzo Mocenigo, Fondazione Musei Civici Venezia

L’ impatto emozionale e la persistenza nella memoria individuale  di un odore  è tale da non poter essere nè ripetibile né riproducibile.

Io ricordo con chiarezza l’odore di brace con cui mia nonna si scaldava il letto, e l’odore dei ceppi bruciati nella sua stufa “economica” vicino alla quale si scaldava le ossa; ma ricordo  anche il profumo della pelle lavata col sapone di Marsiglia di una persona a me tanto cara e che associo in modo inequivocabile solo alla sua faccia ed al suo nome.

Insomma ad ogni odore corrisponde un’immagine e un contesto di vissuto  che poi si è trasformato in  sensazione – di freddo, di caldo, di gusto o disgusto – e che alla fine è continuato come emozione. Eterna.

L’olfatto “è uno dei sensi più diffusi nel regno animale, che sia nell’aria, nell’acqua o sulla terra.(..) Non conosco nulla senz’ odore”: 

così Jean Claude Hellena, creatore di profumi per la Maison Hermés. E’ lui che mi ricorda che il naso è il solo organo ricettore di interscambio con l’esterno di cui siamo dotati per la comunicazione diretta tra la nostra intimità,  e l’ambiente in cui viviamo. Forse questa caratteristica è anche il requisito necessario per preservare questo senso dall’”usura” che è toccata invece ad altri, come la vista .

Antichi vasi con materie prime per profumazioni esposte a Palazzo Mocenigo – foto di Palazzo Mocenigo, Fondazione Musei Civici Venezia

Ai profumi spetta un posto speciale: ho voluto parlarne  qui, assieme alle storie di produzioni di artigianato e di creatività artistica perchè si tratta di un mondo dove le mani e il pensiero creativo confermano di essere una parte determinante nella realizzazione di quelle opere.

Fare un profumo, oltre che rappresentare un mestiere creativo ( il mestiere di “naso”creatore di profumi è quello di  “stilista ” o di “sommelier” di fragranze), è anche una tradizione di lunga storia. In Italia, e non soltanto.

Vasi e attrezzature per profumeria esposti a Palazzo Mocenigo- foto di Palazzo Mocenigo, Fondazione Musei Civici Venezia

Si comincia dalla produzione delle materie prime utilizzate(gli olii essenziali come il bergamotto e il gelsomino, specialità italiane) fino al prodotto finale – il profumo – che per ogni regione italiana vanta una propria fonte di ispirazione, in relazione sia alle caratteristiche dei nostri territori che alla cultura del periodo. Sul finire dell’800, ogni regione d’Italia darà alla luce profumazioni diverse: così Capri avrà i suoi profumi a marchio Carthusia, Genova la sua Acqua, e Parma altrettanto, insieme alla famosa Violetta della Borsari & Figli. Senza dimenticare qui a Bologna, in Emilia, la storica Acqua di Felsina brevettata nel 1827 e recuperata oggi a nuova vita col marchio Autentica di Felsina.

Bortolotti etichetta delll’Acqua di Chinina Bortolotti di Bologna, fine XIX sec collez privata – foto Museo del Risorgimento

Sembra incredibile, e ci sfugge facilmente, eppure esiste ovunque una ricca cultura ed una lunga tradizione che viaggiano di pari passo con la sua importanza come risorsa economica, produttiva e di lavoro. Un esempio? Il numero di operatori che affollano le giornate del Cosmoprof di Bologna, una fiera internazionale che è giunta quest’anno alla sua 59sima edizione , con più di 250.000 visitatori in 4 giorni.

E più nascosta ancora, invisibile, c’è una cultura del saper fare che segue i codici del lusso: obiettivo del “naso”  è quello di far sentire chi indossa un profumo una persona con un  “abito” speciale che la renderà inconfondibile tra le altre.

Per questo si cercano oggi  marchi artigianali in cui è più forte la competenza e il gusto del mestiere del maître parfumier, perchè lui solo è in grado di  creare un profumo per nuovi desideri  di chi lo indossa .

Francesca Faruolo, studi in lettere ed una specializzazione in comunicazione e tecnologia dell’informazione, coltiva la passione per la bellezza e se ne è fatta ambasciatrice ideando il Festival Smell. Si tratta di un’occasione in cui – grazie ad ospiti speciali – Bologna “la dotta” avrà un’ occasione per mostrarsi nella sua veste ecclettica facendosi portavoce del lato artistico- culturale della profumeria.

Illustrazione di Georges Bousquet Casajordi per Smell Festival

Non sarà a Milano, capitale della moda e del lusso, né a Firenze, già nota a tutti per la sua storica tradizione di artigianato artistico, ma a Bologna che, a partire da giovedì prossimo 24 giugno, fino a domenica 27,  Smell Festival aprirà con le sue mostre, le installazioni artistiche, le esposizioni di fragranze, i laboratori, le conferenze  e gli incontri con i più famosi operatori del settore. Ci saranno   Diletta Tonatto  della Maison Tonatto, o l’artista Peter De Cupere, fino a Dominique Moellhausen  Perfumer e R&D Vice Director di Moellhausen s.p.a.

Non mi basterebbero le righe veloci di questo blog per raccontare tutto il mondo che riguarda i profumi. Comincio ora per proseguire poi con tutto quello che il Festival ci regalerà non appena aprirà i battenti.

Libri consigliati:
– Le parfum, di Jean Claude Hellena, PUF 2012
una ricca bibliografia specializzata è reperibile a questo link

Link consigliati:
Accademia del profumo
Smell Festival
Bortolotti Acqua di Felsina
Googles arts & culture
Consorzio del bergamotto
Colognoisseur ( blog di profumi)

Video:
Rai Italia Community
Gooogle arts & culture: i fiori di S. Remo
Google arts & culture: mostra delle essenze e dei profumi
L’olfatto, il senso del futuro | Francesca Faruolo | TEDxBologna